Carlo, perché hai deciso di aprire un’azienda agricola a 30 anni?
« Ho iniziato per me stesso, volevo un tipo di agricoltura che migliora anche l’uomo. Che rilassa e che faccia stare bene con sé stessi. Ti fa conoscere persone positive. Un mondo che non corre, che è più lento e che è ricco di cose sane. »
Questa è la risposta di Carlo, 34 anni, siciliano e cefaludese. Carlo è innamorato della sua terra e crede che le ambizioni possano realizzarsi anche restando, non sempre serve scappare verso orizzonti più brillanti per trovare realizzazione. La sua infatti è una realizzazione diversa. Più lenta e a misura d’uomo.
Carlo vive a Cefalù dov’è nato. Durante il giorno si occupa della ferramenta con il padre. La sera e nel fine settimana si rifugia ad Isnello, un paesino nel cuore del Parco delle Madonie, dove la terra e la sua azienda agricola Sorelle Lo-Re gli regalano pace.
Chi sono le sorelle Lo Re?
« Mia nonna materna e le sue tre sorelle. Tutte e quattro nate a Boston negli Stati Uniti. Il padre, Biagio Lo Re, tornò con la famiglia dall’America e comprò alcuni terreni per le figlie e l’unico figlio ad Isnello. Mia nonna oggi è l’unica sopravvissuta delle sorelle. »
Carlo ha frequentato l’Istituto Agrario ma poi si è laureato a Palermo in Economia. Eppure l’attrazione verso la terra è sempre rimasta forte e l’ha spinto a fare una scelta spinta dalla passione: assumersi la gestione dei terreni delle sorelle e creare una società agricola sostenibile.
Ti occupi dell’azienda da solo?
« No, la mia famiglia mi aiuta come può. Mia sorella e mia cugina sono la mia squadra da remoto. Entrambe hanno studiato e ora lavorano al nord. Io invece ho deciso di rimanere a Cefalù dove sono nato e recuperare le vecchie terre di famiglia. In sostanza io sono il braccio armato e loro il braccio da organizzazione. E poi ci sono mia mamma e mia zia, le mie lavoratrici instancabili. Mi aiutano a fare le confezioni. A volte mi dispiace perché gli faccio fare il lavoro sporco. Ma loro se la passano confezionando buste di lenticchie e fagioli, chiacchierano per ore. »
Mi colpisce la freschezza dell’etichetta nelle confezioni dei suoi prodotti, un dettaglio generalmente poco considerato dalle piccole aziende agricole. È moderna, semplice ed esprime il concetto di sostenibilità.
Com’è nata la grafica dell’etichetta ?
« Il simbolo nel cerchio è una sorta di albero genealogico mentre il trattino tra Lo e Re rappresenta un forcone. Quello che si usa per la terra insomma. »
Partiamo da Cefalù e saliamo una strada a tornanti con vista mare. La strada a tornanti sale sù, verso le Madonie. Carlo accosta e mi fa notare una pianta molto speciale, poco conosciuta e con enormi proprietà.
Essiccate e polverizzate le bacche di terebinto vengono aggiunte ad una versione dello zaatar, una miscela di erbe e spezie palestinese. Conferiscono alla miscela un vago aroma di pistacchio. In Palestina il terebinto si è naturalmente ibridato al pistacchio, dando vita ad uno degli ingredienti più usati nella cucina medio-orientale e mediterranea. Grazie agli arabi è arrivato in Sicilia.
Aspetto nell’auto mentre Carlo spalanca la cancellata della proprietà. Mi rendo conto di che angolo di paradiso ho davanti agli occhi. Campi e ulivi in una valle circondata dalle Madonie.
Carlo mi indica due ettari di orto in cui coltiva pomodori, melanzane, peperoni e zucchine. Mi spiega che utilizza un sistema di fertilizzazione con impianto a goccia.
“È un sistema che abbina l’irrigazione dell’acqua ai fertilizzanti. Porta un beneficio doppio alle colture e la presenza di sostanze fertilizzanti ottimizza il consumo stesso dell’acqua.”
Mi indica una distesa di letame poco lontano.
« Viene da un allevamento biologico di mucche di un’azienda del territorio. Il letame viene stoccato per un anno e poi viene diluito e immesso nel campo per fertilizzarlo in modo naturale. »
Saper utilizzare quello che la terra ti dà significa risparmio e sostenibilità. Un buon binomio.
Noto anche un mucchio di zucche ammassate vicino ad uno dei campi. Carlo mi spiega che sono le zucche del tenerume. Sono considerati scarti perché poco saporite. Invece la foglia del tenerume è tra le regine della cucina siciliana. Si usano le foglie e le estremità tenere per preparare minestre e paste. Carlo le conserva per regalarle agli allevatori vicini. A loro volta loro gli regalano il letame. Un’economia circolare di primo livello, come facevano i nostri nonni.
Come conosci queste tecniche e perché hai deciso di utilizzarle?
« Alcune tecniche servono per risparmiare, altre per rispettare il terreno e avere prodotti sani che mangerei anche io. Ho un diploma da Agrotecnico, ma non dimentico gli insegnamenti di mio nonno che non ha mai utilizzato prodotti chimici. Poi internet e partecipazione a tante fiere in giro per l’Italia. »
In cosa consiste la tua produzione?
« Lenticchie grandi e piccole, fave, ceci e fagioli. Ho mille alberi di ulivo plurisecolare. C’erano già quando il mio bisnonno ha acquistato i terreni. Facciamo produrre l’olio da un frantoio di Cefalù. Riusciamo a fare poco olio ma di altissima qualità. E poi vasetti di peperoni grigliati sott’olio e caponate. Passate ed il famoso concentrato chiamato “l’astrattu” dai pomodori “siccagni”.»
Cos’è il pomodoro “siccagno”?
« Un processo di lavorazione che prevede l’irrigazione della pianta di pomodoro solo nei primi 15 giorni di vita. La seconda fase della coltivazione prosegue senza irrigazione e la pianta assorbe ciò di cui ha bisogno dal sole. Il clima di questa zona della Sicilia è perfetto per questo metodo: il sole e l’escursione termica tra giorno e notte, permettono alla pianta di svilupparsi e produrre un pomodoro molto più gustoso di quelli coltivati tradizionalmente. E poi molto salutare perché ricco di antiossidanti. »
Ogni prodotto viene elaborato e trattato da aziende esterne, come le scegli?
« Secondo principi semplici: devono essere imprenditori che amano ciò che fanno, non devono sfruttare i propri collaboratori e non devono fare furbate. Queste cose si sanno. Ecco come ho scelto l’oleificio o chi mi produce le salse di pomodoro. Quest’ultima azienda è molto lontana e scomoda per me, ma è uno sforzo che faccio volentieri perché non rinuncerei alla qualità del loro lavoro. »
Chi sono i tuoi clienti invece?
« Siciliani emigrati all’estero che sentono la mancanza del profumo e del gusto di casa. Italiani che ricercano prodotti la cui filiera è garantita. Ho degli accordi con negozi che rivendono solo prodotti siciliani particolari, tipo Madonie Eat a Palermo. E molti ristoranti. »
“Piano piano si fa tutto e anche di più” è il motto di Carlo. In Italia ci sono 3,5 milioni di ettari di terreni inattivi, tramandati e smembrati a causa di faide familiari. Carlo ha avuto il coraggio di fare una promessa a sé stesso e alla sua famiglia realizzando quello che il bisnonno Biagio aveva immaginato. Non ha l’ambizione sfrenata della società del tutto e subito.
Essere più produttivi ed ottenere velocemente i risultati è il concetto a cui siamo stati abituati. Ma Carlo è riuscito a raggiungere livelli di eccellenza applicando il concetto opposto: con calma, pazienza e passione.